Istat – Impatto dell’epidemia sulla mortalità in Italia

Tra il mese di febbraio e il 30 novembre 2020 si stimano complessivamente circa 84 mila morti in più rispetto alla media del 2015-2019 in Italia. I decessi di persone positive al Covid-19 registrati dalla Sorveglianza integrata riferiti allo stesso periodo sono 57.647 (il 69% dell’eccesso totale). Sono i dati diffusi dall’Istat nel quarto Rapporto prodotto congiuntamente dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) nel quale si presenta un’analisi della mortalità nel periodo gennaio-novembre 2020 per il complesso dei casi e per il sottoinsieme dei soggetti positivi al Covid-19 deceduti.

L’Istat evidenzia che “il rapporto tra i decessi segnalati alla Sorveglianza Integrata e l’eccesso di mortalità del periodo febbraio-novembre 2020 non può dare conto del contributo effettivo del Covid-19. Questa misura, infatti, risente di problemi metodologici collegati al consolidamento delle basi dati (sia della Sorveglianza integrata sia di Istat) e della difficoltà nell’identificare i decessi causati da Covid-19 quando questi avvengono in pazienti con numerose patologie concomitanti”.

Dal rapporto si evince che tra il mese di febbraio e il 30 novembre 2020 sono stati diagnosticati dai Laboratori di Riferimento regionale 1.651.229 casi positivi di Covid-19, riportati al Sistema Nazionale di Sorveglianza Integrata dell’ISS entro il 20 dicembre 2020.

Lo scenario di diffusione epidemica può essere sintetizzato in tre fasi. La prima fase compresa nel periodo da febbraio alla fine di maggio 2020 (Prima ondata) si è caratterizzata per una rapidissima diffusione dei casi e dei decessi e per una forte concentrazione territoriale prevalentemente nel Nord del Paese. Nella stagione estiva,da giugno a metà settembre (Fase di transizione), la diffusione è stata inizialmente molto contenuta, ma alla fine di settembre si sono identificati focolai sempre più numerosi in tutto il Paese. A partire dalla fine di settembre 2020 (Seconda ondata) i casi sono di nuovo aumentati rapidamente con un ritmo esponenziale su gran parte del Paese e solo da metà novembre si è osservato un calo dell’incidenza.

Nella seconda ondata resta invariata la prevalenza della componente femminile (54%), ma diminuisce la classe di età mediana dei casi: 45-49 anni rispetto a 60-64 anni della prima ondata. Cala, in percentuale, il dato dei contagi registrato nella popolazione molto anziana (80 anni e più) che passa da 26% nella prima ondata a 8% nella seconda. Tale diminuzione è verosimilmente in gran parte dovuta all’aumentata capacità diagnostica tra le classi di età più giovani e nelle persone con sintomi meno severi.

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