Patti (Me) – Impalà: riportare in città il patrimonio archeologico di Tindari

“La città di Patti deve lottare per ottenere un proprio Museo Archeologico”. E’ questo il messaggio che lancia il consigliere comunale di opposizione Federico Impalà che ha scritto al presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci per chiederne la creazione.

“Appare inverosimile – ha affermato – che in una città con due importanti siti archeologici quali Tindari e la Villa Romana di Patti Marina, e diversi altri minori, non sia presente un museo archeologico”.

Impalà, nella sua missiva, ripercorre la storia di Patti e Tindari facendo anche riferimento alla presenza di diversi reperti dell’area tindaritana che di trovano in altri musei italiani, primo su tutti il Museo Archeologico Salinas di Palermo. L’esponente della minoranza evidenzia anche l’opportunità di una creazione di un museo archeologico in quanto, è stato istituito il Parco archeologico di Tindari e questo evidenzia l’importanza di far ritornare in città i tanti reperti distribuiti in altri musei. “Il Parco Archeologico di Tindari vanta una vastità e ricchezza archeologica incommensurabile – ha scritto Impalà. Nei depositi di Tindari, sono presenti manufatti romani non esposti al pubblico tra cui una grande statua marmorea”. Il consigliere evidenzia anche l’esistenza di due antiquarium archeologici, a Tindari e a Patti Marina in cui vi è esposta una parte minima dei reperti esistenti. “L’appello – si legge nella lettera – è di esporre il più possibile”.

Impalà propone l’utilizzo di Palazzo Galvagno, ancora chiuso al pubblico, e dell’ex Convento di San Francesco per la creazione del museo archeologico e si fa promotore per tentare di far rientrare in città i reperti, alcuni di particolare importanza, che rinvenuti a Tindari si trovano in altri musei. “Tindari – ha scritto Impalà – è un tesoro a cielo aperto ancora tutto da scoprire, basti considerare che gli scavi effettuati coprono un’area minima di quella città che si lascia intravedere sotto la terra tra un decumano e le varie insule. Chissà quanti mosaici e quanti manufatti sono ancora sepolti. Sono fiducioso per il futuro della valorizzazione del nostro patrimonio artistico e spero che l’impegno e la volontà per raggiungere questi obiettivi non siano solo dei cavalli di battaglia politici, bensì l’espressione massima di una volontà culturale condivisa e concreta. Buona cultura a tutti”.

La proposta di Impalà non è nuova. Già in passato si è spesso parlato di riportare in città i beni archeologici ritrovati sul Colle della Madonna Nera ed alla Villa Romana di Marina di Patti nelle varie campagne di scavi sparsi in giro per i diversi musei italiani ed esteri. Nel 2014 era stato il consigliere Giacomo Prinzi ad invitare l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Mauro Aquino ad adoperarsi al fine di far ritornare a Patti i numerosi ritrovamenti, alcuni di particolare pregio, per consentire la creazione a Patti di un museo archeologico. Allora la proposta era scaturita a seguito del ritrovamento nei magazzini del museo archeologico “Antonio Salinas” di Palermo della “Dama di Tindari”. Si tratta di una scultura di marmo bianco a cristalli fini risalente all’età imperiale raffigurante una donna senza testa con il corpo avvolto in uno scialle. Le prime testimonianze di questo ritrovamento risalgono all’inizio del 1800 quando fu scoperta dal londinese Robert Fagan e spedita a Palermo insieme ad altri reperti rinvenuti a Tindari. Ancora prima l’idea di riportare a Patti i reperti tindaritani era stata ipotizzata dalla vecchia amministrazione Venuto senza successo. Anche l’attuale primo cittadino Mauro Aquino aveva ipotizzato, nel 2012, la possibilità di creare un museo polivalente in grado di ospitare, tra l’altro, tutti i ritrovamenti archeologici di Tindari e della Villa Romana. Ma il progetto rimase solo sulla carta e non fu mai avviato. L’augurio è che questa sia la volta buona per iniziare a valorizzare in maniera concreta il territorio per creare le condizioni per fare turismo nella realtà e non solo sulla carta.

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